IL FIANO

Cenni Storici

Il ruolo dell'Irpinia, nella storia della viticoltura campana, era talmente rilevante che alla linea ferroviaria Avellino - Rocchetta Sant'Antonio venne dato il nome di "Ferrovia del vino".
Completamente circondata da vigneti, la provincia avelli-nate offre vini di fama internazionale come il Greco di Tufo, il Taurasi ed il Fiano.
Il Fiano di Avellino prende il nome dal vitigno omonimo, che i Latini chiamavano Vitis Apiana, grazie alle api, particolarmente ghiotte della dolcezza di queste uve.
Questo vino molto apprezzato gia' nel Medioevo, ha un'origine millenaria. Nel registro di Federico II di Svevia, vissuto nel XIII secolo, e' annotato un ordine per tre "salme" di Fiano. Anche Carlo D'Angio' doveva amare il buon vino, al punto di impiantare nella propria vigna reale ben 16.000 viti di Fiano.
Grazie alla ricchezza in zuccheri di quest'uva, nella zona veniva ricavato un vino spumante quasi dolce, molto apprezzato a livello popolare, ma difficile da proporre al mercato nazionale ed internazionale.

Caratteristiche
Anni di sperimentazioni hanno permesso di arrivare alla produzione del Fiano secco, un vino di grande eleganza, fine, dal profumo intenso e sapore armonico che ricorda la nocciola tostata.
Perfetto come aperitivo, trova ottimi accostamenti con i piu' raffinati piatti a base di pesce.

Dati Commerciali
Strutture di produzione: 60 produttori.
Numero ettari iscritti: 32,03.
Quantita' max producibile: 2.243 hl.
Quantita' prodotte: 1.328 hl.

Dati Tecnici
Zona di produzione: i terreni collinari della provincia di Avellino. Sono da considerarsi idonei unitamente i vigneti collinari di giacitura ed esposizione adatti con esclusione dei terreni di fondovalle, umidi e non sufficientemente soleggiati.
Vitigni: Fiano. Possono concorrere i vitigni Greco e/o Coda di volpe bianca e/o Trebbiano toscano fino al 15%.
Resa massima per ha: 100 qli.
Resa massima di uva in vino: 70%.
Gradazione alcolica minima: 11,5%.
Acidita' totale minima: 5 per mille.
Estratto secco netto minimo: 18 per mille.
Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche:

colore giallo paglierino piu' o meno intenso; profumo intenso, gradevole e caratteristico; sapore secco ed armonico.
Qualificazioni: il nome del vino puo' essere accompagnato dalla menzione tradizionale di origine classica "Apianum".
Tipologie: nessuna.
Abbinamenti :antipasti di pesce elaborati, zuppe di pesce, minestre di legumi, seppie e polpi in umido, pesce arrosto e alla griglia.


L'AGLIANICO

Sinonimi

Aglianico del Vulture, Aglianica, Agnanico, Gnanico, Ellenico, Ellanico, Agnanico di Castellaneta, Agliano, Gagliano, Aglianico tringarulo, Tringarulo, Aglianico zerpoluso, Ghianna, Uva dei cani, Ghiandara, Olivella di S. Cosmo, Fresella, Ruopolo ecc.

Storia

Il vitigno aglianico sembra sia stato portato in Italia dai Greci al tempo della fondazione delle loro colonie (es. Cuma) nel 6° e 7° secolo a.C., nell'area che noi oggi chiamiamo Magna Grecia, con il nome di "Ellenicon" cioè originario della Grecia (vi è però un'altra ipotesi secondo la quale il nome di questo vitigno deriverebbe dal greco "aglianos": chiaro e agliaia splendente; vini quindi chiari e splendenti per distinguerlo da altri vini campani come Lacrima e Mangiaguerra, molto più scuri).
I Romani lo ribattezzarono poi "Vitis Ellenica" e ne incentivarono la coltivazione e la diffusione soprattutto in Campania, dove la vinificazione veniva fatta prevalentemente in bianco (si pensa sia il vitigno con cui i romani producevano il Falerno).
Parlando di Aglianico storia e leggenda si intrecciano con facilità: si dice infatti che dopo la battaglia di Canne (Puglia, 216 a.C.), durante la seconda guerra punica, i cartaginesi, al comando di Annibale, ripiegarono nell'attuale Basilicata per riposare e curare i feriti e che il rimedio per medicare lacerazioni e ferite altro non fosse che del buon vino Aglianico.
La conferma che la coltivazione di questo vitigno sia antichissima la abbiamo da una delle città più qualificate per la produzione di Aglianico: Barile (Aglianico del Vulture).
Questo borgo sorge su di un colle interamente traforato da grotte scavate nel tufo nelle quali sono state rinvenute, tra tanti reperti di epoca romana, anfore di terracotta dal collo lungo e largo, con manici verticali, usate dai romani per spedire il vino nella capitale.
Altre testimonianze dell'antichità di questo vitigno sono costituite dai resti di un torchio di epoca imperiale ritrovati nella zona di Rionero in Vulture e da una moneta bronzea raffigurante l'agreste divinità di Dionisio, il cui culto fu poi ricondotto a quello di Bacco, coniata nella zona di Venosa nel quarto secolo a.C.
Anche il poeta latino Orazio, nativo proprio di Venosa, decantò le doti di questa meravigliosa terra e del suo vino.
Al periodo di dominazione spagnola (Aragonesi 15° - 16° secolo) sul regno di Napoli si attribuisce la trasformazione del nome da "Ellenico o Ellanico" in "Aglianico" in quanto essi pronunciavano la doppia l: gli.
Di questo vino parleranno poi: Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo 3° Farnese ("Di tali vini Sua Santità beveva molto volentieri et dicevali bevanda delli vecchi, rispetto alla pienezza"); Andrea Bacci, medico di Sisto 5° Peretti, nel 14° secolo ne dice: "…vino ricercato e prestigioso delle mense dei ricchi" e Arturo Marescalchi lo definirà poi "il fratello maggiore del Barolo e del Barbaresco".

Zone di maggior diffusione

Due sono le principali zone di diffusione: la zona dell'Avellinese e quella del Vulture.
Nella zona di Avellino l'Aglianico trova il suo habitat naturale in terreni vulcanici, ricchi di potassio e in quelli argillosi e argilloso calcarei purchè ben esposti.
Questi ultimi sono terreni argillosi con un contenuto di carbonato di calcio che neutralizza in parte l'intrinseca acidità dell'argilla; sono però terreni freddi che ritardano la maturazione dando così luogo alla produzione di vini con acidità tendenzialmente elevate (se fossero terreni solamente argillosi sarebbero plastici, impermeabili, freddi, con scarso drenaggio e rischierebbero di soffocare le radici).
Intorno al paese di Taurasi (zona di maggior elezione es. Valle del Calore e Mondragone) il vino è prodotto con uve provenienti da colline medio alte, tra i 400 e i 600 m., a maturazione tardiva: ha colore rosso rubino tendente al granato fino ad acquistare riflessi aranciati con l'invecchiamento, profumo tipico che ricorda la viola e la confettura di marasche, e con l'invecchiamento acquista sentori speziati ed eterei.
Ha sapore secco, quasi asciutto, ha notevole corpo con nerbo saldo (in gioventu soprattutto) e stoffa fine.
Il vitigno è facilmente attaccabile dalla Botrytis nei fondovalle umidi e non sufficientemente soleggiati ed è sensibile alle temperature troppo elevate,
Nella zona del Vulture, in Basilicata, i vigneti sono situati in una zona vulcanica, costituita da un vasto altipiano dominato dalla massa conica del vulcano Vulture ormai spento (1327 m.).
Il terreno è a base tufacea e il clima è freddo (si arriva fino a 600 m. s.l.m. sul Vulture e a 500 m. vicino a Venosa).
Il tufo è presente in quanto materiale solido che si è frantumato a causa della forza esplosiva con cui è stato scagliato fuori durante le eruzioni vulcaniche.
Qui l'Aglianico è coltivato in tutta la zona montagnosa vulturina e i comuni a più alta vocazione sono: Rapolla, Rionero, Melfi, Barile e Venosa.

Ampelografia

Ha foglia di media grandezza a cinque lobi; grappolo piccolo, corto, mediamente compatto; acino di dimensioni medio piccole, sferico, di colore blu-nero uniforme; buccia di medio spessore, poco consistente e abbondantemente pruinosa.
Predilige terreni collinari, di origine prevalentemente vulcanica, argilloso calcarei o comunque di buona costituzione anche se presenta buona adattabilità nei riguardi del terreno.
In alcune zone di coltivazione (Taurasi - Vulture) si possono trovare dei vigneti con risultati discreti anche a 700 - 900 metri di altitudine.
Presenta buona tolleranza alle crittogame in generale, ed all'oidio in particolare anche se in annate piovose e nelle zone con ristagno idrico è sensibile alla peronospora.
Mostra sofferenza alle elevate temperature estive ed alla siccità prolungata.
Alcune differenze possono essere riscontrate tra i diversi cloni coltivati:
Aglianico del Vulture: vigoroso e produttivo, a grappolo tronco piramidale, medio, grosso, semi spargolo, acino grosso a maturazione leggermente anticipata.
Aglianico del Vulture Vcr11: clone selezionato a Venosa (Pz), ha grappolo più che medio, semicompatto con acino medio; ha buon vigore e buona fertilità, dà produzioni buone e vini di buona alcolicità e di contenuta acidità.
Aglianico del Vulture Vcr14: selezionato a Venosa, presenta una vigoria media, un grappolo più che medio, relativamente spargolo; i vini con esso ottenuti risultano intensi, armonici e di corpo.
Aglianico del Taurasi: mediamente vigoroso e produttivo, a grappolo medio, tendente al cilindrico con un'ala evidente, acino medio, buccia coriacea, ricco di colore ed estratto, presenta a volte una lieve acinellatura verde.
Aglianico Vcr2: clone selezionato in Grottaminarda (Av), fa riferimento al biotipo Taurasi; ha vigoria media, grappolo medio piccolo e semispargolo, alato con acini medio piccoli e presenta buona resistenza alla botrite.
Aglianico Vcr7: anche questo clone selezionato in Grottaminarda, presenta un grappolo medio piccolo, cilindrico, spesso alato, acino medio con buccia spessa; il grado zuccherino è ottimo, l'acidità totale buona e ottima la resistenza alla botrite; alla degustazione i vini ottenuti da questo clone risultano avere buon colore, corpo e finezza.
Aglianico Vcr13: come per i due precedenti selezionato in Grottaminarda in vigneti di aglianico Taurasi; ha grappolo medio piccolo, acino inferiore alla media, buona fertilità e ottimo grado zuccherino.

Caratteristiche sensoriali del vino


Si presenta di colore rosso rubino più o meno intenso o granato vivace, con riflessi arancione dopo l'invecchiamento.
Sapore asciutto, sapido, equilibrato, da giovane tannico, che migliora dopo un adeguato invecchiamento in botte di rovere grazie alla elevata gradazione alcoolica e per il buon livello di acidità totale, assumendo un caratteristico sapore di liquerizia.

Utilizzo enologico

Esclusivamente per la vinificazione rientra nelle denominazioni: Docg Taurasi (min. 85%), Doc Falerno del Massico Rosso (60-80%), Doc Galluccio Rosso (min. 70%), Doc Aglianico del Taburno Rosso (min. 85%), Doc Sant'Agata dei Goti Rosso (40-60%), Doc Guardia Sanframondi o Guardiolo Aglianico (min.90%).

Disciplinari

Docg Taurasi
La zona di produzione riguarda 17 comuni tutti in provincia di Avellino; la resa massima è di 10 t/ha; il vitigno Aglianico deve essere presente in quantità non inferiore a 85% e il vino deve avere un titolo alcolometrico minimo di 12% (12,5% per la riserva).
L'affinamento deve essere minimo di 37 mesi dei quali almeno 12 in botte; per la riserva l'affinamento deve essere di 49 mesi dei quali 18 in botte.

Doc Aglianico del Taburno
Uve provenienti da comuni in provincia di Benevento; resa massima di 10 t/ha; Aglianico min. 85%; titolo alcolometrico minimo di 11,5%; affinamento di min. 24 mesi; Tipologie: Riserva (12% min. e 36 mesi di affinamento); Rosato (11,5% e 4 mesi affinamento).

Doc Aglianico del Vulture
Prodotto in provincia di Potenza; resa massima di 10 t/ha; vitigno Aglianico 100%; titolo alcolometrico minimo di 11,5%; affinamento di minimo 12 mesi; 3 tipologie: Vecchio (12,5% min. e 36 mesi affinamento), Riserva (12,5% min. e 60 mesi affinamento), Spumante (11,5% min. e 12 mesi affinamento).

Dati commerciali 2003

Taurasi: 158 produttori; 222,07 ettari iscritti; 886,60 hl prodotti.
Aglianico del Vulture: 1.192 produttori; 1.437 ettari iscritti; 7.785 hl prodotti.

Abbinamenti

L'Aglianico del Vulture è rosso da primi con ragù (anche di selvaggina), pollame, maialino al forno, formaggi semiduri. Le versioni invecchiate reggono cacciagione, agnello e formaggi a pasta dura.
Il Taurasi è ottimo con i bolliti, le grigliate di carne, gli arrosti. La riserva affronta le più complesse ricette di carne, selvaggina e cacciagione. Ottimo con il cinghiale e i formaggi stagionati.

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IL FIANO

L'AGLIANICO

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